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La Festa del lavoro e dei lavoratori ha una lunga tradizione: il primo "Primo Maggio" nasce infatti a Parigi il 20 luglio del 1889.
L’idea venne lanciata durante il congresso della Seconda Internazionale, in quei giorni era riunito nella capitale francese. Durante i lavori venne indetta una grande manifestazione per chiedere alle autorità pubbliche di ridurre la giornata lavorativa a otto ore.
La scelta della data non era casuale: si optò per il 1° maggio perché tre anni prima, nel 1886, una manifestazione operaia a Chicago era stata repressa nel sangue. A metà del 1800, infatti, i lavoratori non avevano diritti: lavoravano anche 16 ore al giorno, in pessime condizioni.
In Italia nel 1923, sotto il fascismo venne abolito il 1° maggio, la festa dei lavoratori.
Nel 1947 infine la festa del lavoro e dei lavoratori divenne ufficialmente festa nazionale.
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Quanto è cambiato da quel giorno, anche il lavoro è mutato, con l’ingresso delle nuove tecnologie e delle nuove specializzazioni. Ci sono tante nuove forme di lavoro e anche di contratti.
Oggi molti giovani fanno la scelta di andare a lavorare all’estero, molti lavori sono fatti sempre meno dagli italiani (es. nell’edilizia , nell’agricoltura, nella pesca ecc ecc...).
Sarebbe necessario parlare di diritti, di orari, di stipendi, di sicurezza, di formazione, di contratti e non più di precariato, di dignità del lavoratore e delle lavoratrici.
Per simboleggiare il lavoro ne ho scelto uno “la professione del pescatore”.
Nella figura del pescatore che, nonostante il progresso tecnologico, si incontrano saperi e gesti antichi che si tramandano di padre in figlio, da vecchio a giovane.
Il mestiere del pescatore s’impara soprattutto facendo una lunga gavetta attraverso la conoscenza delle nozioni necessarie: saper governare una barca, avere dimestichezza con il mare e i venti, conoscere gli attrezzi del mestiere, le specie marine e le normative, richiede tempo, pazienza e impegno.
È un lavoro del quale si può leggere la durezza nei volti segnati dal sole e dalla salsedine, volti che però sono anche di uomini fieri, uomini innamorati del mare e della vita libera, all’aria aperta.
Oggi in Italia questo mestiere è ancora praticato con passione da migliaia di persone che ogni mattina all’alba lasciano i nostri numerosi porti e porticcioli per prendere il largo.
Attualmente sono circa 78.000 gli operatori del settore ittico (di cui 44.000 sono attivi), con un’età media di 40 anni.
Rispetto ai loro nonni però, ai moderni pescatori spetta il difficile compito di proteggere il mare.
Il lavoro del pescatore è cercare il pesce, raccoglierlo e selezionare il pescato, riportarlo a terra per venderlo.
Quasi tutti iniziano facendo i mozzi che hanno una serie di responsabilità, tra le quali manovrare le attrezzature e gli strumenti per il controllo delle reti, suddividere il pesce secondo la dimensione, sventrarlo e stivarlo nel ghiaccio o in vasche con acqua di mare. Curare la manutenzione e le riparazioni delle reti e delle attrezzature, aiutare nei compiti di guardia, preparare i pasti per l’equipaggio e tenere pulito e in ordine il peschereccio.
La maggior parte delle attività si svolge sul ponte del peschereccio, perciò gli equipaggi possono essere esposti a tutte le condizioni atmosferiche. Tutti i membri dell’equipaggio devono rispettare le procedure di sicurezza ed essere in grado di rispondere con prontezza alle emergenze.
I pescherecci non lavorano solamente lungo le coste italiane ma raggiungono anche banchi di pesca più lontani, perciò possono restare in mare, senza rientrare, anche alcune settimane.
L’antico mestiere del pescatore deve essere tramandato alle giovani generazioni purché esse abbiano tutti gli strumenti per affrontare le sfide del futuro.
La piccola pesca rischia di scomparire, portandosi via la bellezza di una narrazione che non può fare a meno dell’elemento di denuncia.
Le sfide sono tante, dal ricambio generazionale alla riduzione dei margini di guadagno (situazione peggiorata dai problemi strutturali e dal rincaro dei carburanti) sullo sfondo della crisi climatica.
Si pesca sempre meno e si vende sempre meno.
Lo stato della pesca nel Mediterraneo negli ultimi 10 anni è peggiorato: cattiva gestione della pesca (percepita soprattutto in Adriatico), inquinamento (percepito soprattutto nel nord ovest del Mediterraneo e nello Stretto di Sicilia), pesca illegale e pesca eccessiva (in tutte le aree) e per l’Adriatico viene chiamato in causa anche il cambiamento climatico.